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Quando rivolgersi a uno psicologo e perché?

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) scrive che

"La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità".

In generale, quindi, è possibile rivolgersi a uno psicologo quando, per diversi motivi, una persona sente di non riuscire a provare benessere e questo compromette la sua quotidianità. Sono molti i motivi che possono portare a chiedere un supporto psicologico: in alcuni casi vi è la presenza di sintomi specifici (ad esempio ansia, depressione…), in altri si tratta di una sofferenza che si sente il bisogno di comprendere e di superare. In altri casi ancora ci si rivolge allo psicologo quando si vivono relazioni significative particolarmente conflittuali, o momenti della vita di cambiamento (lutti, separazioni, difficoltà lavorative, familiari o nell’area della genitorialità…).


Proprio perché la salute non è semplice assenza di malattia, dallo psicologo si può andare per aumentare il proprio benessere, ricevendo un aiuto nella comprensione di sè e delle proprie relazioni.

Che differenza c'è tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra?

Lo psicologo è laureato in psicologia, abilitato alla professione attraverso l’esame di stato e iscritto all’albo.


Lo psicoterapeuta è uno psicologo che dopo l’abilitazione ha intrapreso un percorso di specializzazione quadriennale presso scuole riconosciute dal MIUR. Mentre il primo è abilitato ad occuparsi di diagnosi e percorsi di sostegno e accompagnamento, il secondo può trattare veri e propri disturbi psichiatrici attraverso percorsi psicoterapeutici. Attualmente esistono numerosi approcci terapeutici; ciascuno utilizza un diverso modello della mente e differenti strumenti di lavoro. Al di là del singolo approccio, gli studi concordano sul fatto che è l’alleanza terapeutica, ovvero la relazione tra il professionista e il paziente, a incidere sull’efficacia del percorso. 


Lo psichiatra è laureato in medicina e specializzato in psichiatria; per questo è abilitato a prescrivere farmaci, differentemente dallo psicologo e dallo psicoterapeuta. In alcune situazioni è fondamentale la collaborazione di più figure professionali, ad esempio psichiatra e psicoterapeuta, affinché venga costruita una rete integrata di cura per il paziente.

Perché andare dallo psicologo è diverso da una chiacchierata con un amico?

Certamente poter contare sugli amici in un momento di bisogno è una risorsa fondamentale per ciascuno. Tuttavia, in alcuni casi, potrebbe non essere sufficiente a sostenere una persona che sta manifestando un malessere.


Innanzitutto, lo psicologo è un professionista formato sulle emozioni e sul comportamento umano, sulle relazioni e sul cambiamento. Non si tratta di semplici consigli o di indicazioni di buon senso, ma di una competenza maturata in anni di studio e di esperienze sul campo.

Nella maggior parte dei casi, il professionista ha intrapreso un percorso di consapevolezza su se stesso e sulla propria storia per essere in grado di aiutare l’altro senza che i propri vissuti personali non elaborati influiscano sul lavoro. 

Non ha una relazione personale con il paziente: ciò non significa che la relazione con esso non sia importante (anzi, è fondamentale!), ma che lo psicologo non è direttamente coinvolto nella vita del paziente.


Ci sono, infatti, chiari limiti che conferiscono struttura e confine al lavoro che viene svolto in seduta. Primo tra tutti, il segreto professionale. Infine, l’incontro con uno psicologo prevede un’asimmetria di fondo: lo spazio della seduta è del paziente. Non ci sono le (sane) attese di reciprocità che caratterizzano una relazione di amicizia.

Cosa caratterizza l'approccio "sistemico-familiare-individuale"?

L'approccio sistemico interpreta il malessere del singolo alla luce delle complesse relazioni tra l’individuo e il suo contesto di vita, all’interno del quale sono presenti le criticità ma anche le risorse per il cambiamento. E’ nelle relazioni significative, infatti, che quotidianamente si costruisce il proprio benessere. Il principale obiettivo di lavoro è l’attivazione di nuove risorse relazionali e affettive, nonché di nuove consapevolezze.

L’approccio sistemico-familiare-individuale si declina sulla base della domanda e delle esigenze del caso specifico. Il formato può essere individuale (con possibili convocazioni dei familiari o delle persone significative), di coppia o familiare. In questi casi si lavora alla presenza di due terapeuti.

Come si raggiunge il cambiamento in un percorso psicologico?

Lo psicologo non è un guaritore, né un medico, né un “somministratore di cure” alle quali il paziente aderisce in modo passivo: iniziare un percorso significa essere motivati a mettersi in gioco, a scoprire alcune parti di sé e della propria storia costruendo insieme allo psicologo obiettivi e significati condivisi.

Il percorso psicologico diventa a quel punto un viaggio durante il quale lo psicologo si pone come guida e accompagna il paziente verso la consapevolezza di sé.


Il cambiamento può avvenire grazie a nuove attribuzioni di significato a ciò che abbiamo vissuto, nonché a una rielaborazione sul piano cognitivo ed emotivo di alcune parti faticose del proprio passato.

Cosa significa "lavoro d'équipe" e "co-terapia"?

Nell’approccio sistemico-familiare-individuale il lavoro d’equipe è un imprescindibile spazio di confronto e condivisione, in cui ogni professionista porta il proprio contributo a supporto degli altri.

La co-terapia è la modalità di lavoro che prevede la presenza di due terapeuti contemporaneamente presenti in seduta: viene utilizzata principalmente nei percorsi di coppia o familiari ed è utile in quanto offre due sguardi differenti sulla complessità di un sistema. Permette, inoltre, a chi la sperimenta una doppia possibilità di ascolto, rispecchiamento empatico e contenimento.

Quanto costa una seduta?

Presso la nostra equipe il costo delle sedute varia dai 60 euro ai 140 euro, a seconda che il formato sia individuale, di coppia o familiare. I costi vengono presentati in prima seduta e illustrati con chiarezza da parte del professionista.

Con quale cadenza si svolgono gli incontri?

Non esiste una cadenza fissa e stabilita a priori, ma in ogni situazione lo psicologo e il paziente concordano ciò che è utile per quel momento storico, per quella specifica fase di terapia e per quel preciso tipo di lavoro. Mediamente, gli incontri individuali sono a cadenza settimanale o bimensile, mentre quelli di coppia e familiari si svolgono, indicativamente, una volta al mese o ogni tre settimane.

Come si lavora con bambini e adolescenti? E nei percorsi di coppia?

Nel caso in cui la richiesta sia per un bambino o per un adolescente, l’Equipe Oltre Le Radici ritiene fondamentale che il percorso coinvolga il sistema familiare, contesto in cui possono essere ricercate le complessità ma anche le risorse per il benessere di ogni individuo. L’attivazione del sistema e in particolare dei genitori consente al bambino e all’adolescente di non percepirsi come “sbagliati” o “da aggiustare”, come spesso accade attraverso la delega agli specialisti, ma di sentire che mamma e papà sono pronti a mettersi in gioco per aiutarli a stare meglio.


Per quanto riguarda i percorsi di coppia, l’intervento viene modulato sulla base della richiesta. Gli incontri di coppia avvengono alla presenza di due terapeuti: la co-terapia permette, infatti, di adottare uno sguardo duplice sulla situazione in atto nonché la possibilità di svolgere sedute individuali qualora se ne evidenziasse la necessità.

In che senso lo psicologo è tenuto al segreto professionale?

L’ Articolo 11 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani afferma che: “Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate”.

Ciò significa che lo psicologo non può in alcun modo condividere con altri le informazioni apprese durante i colloqui con i pazienti: per farlo necessita dell’autorizzazione da parte del paziente stesso (ad esempio, per potersi confrontare con altri curanti o con i familiari della persona).


Le uniche eccezioni al segreto professionale consentite per legge sono legate alla presenza di gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terze persone, nonché agli obblighi di referto o di denuncia.

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